Cancro e disabilità
Le persone con disabilità, che nel nostro paese sono circa 3,1 milioni, malate di cancro sembrano essere pazienti di serie B.
La Favo (Federazione Italiana delle Associazioni di volontariato in Oncologia) rilancia un appello della comunità scientifica internazionale lanciato attraverso le pagine della nota rivista The Lancet Oncology.
Alcuni articoli sulla rivista The Lancet hanno messo in evidenza i limiti dell’assistenza sanitaria rivolta alle persone disabili affette da tumore.
Servono interventi personalizzati e una maggiore capacità delle Istituzioni nella presa in carico dei pazienti oncologici disabili.
La diagnosi precoce e l’accesso alle cure sono ancora troppo tortuose per i disabili, spesso già ai margini della società sul piano sociale e professionale.
Sempre più tumori tra i disabili
Il numero totale dei casi di tumore tra i disabili è in costante aumento.
Infatti, se da un lato il miglioramento delle cure ha prodotto un progresso nella qualità di vita e il conseguente aumento della prospettiva di vita, dall’altro ha esposto le persone disabili allo sviluppo di malattie croniche, come i tumori.
La Favo chiede l’attuazione di programmi di screening e cure realmente universalistici, considerando che il disabile che sviluppa un tumore in età avanzata, spesso è privo del sostegno dei familiari prossimi.
“Rappresentando una comunità di migliaia di pazienti oncologici italiani, con la FAVO ci sentiamo di condividere tutte le raccomandazioni diffuse dalla professoressa Lezzoni: da sempre attenta al tema delle disparità in ambito sanitario – aggiunge Iannelli -. Il lavoro da compiere è su vari livelli. Per garantire un’offerta sanitaria adeguata, è necessario innanzitutto partire dai numeri”.
Queste le parole di Elisabetta Iannelli, segretario generale di Favo.
Quando la Iannelli parla di disabili come di pazienti oncologici di serie B fa riferimento alla quasi totale assenza di questa categoria di pazienti negli studi clinici ed epidemiologici.
Mancano, altresì, personale qualificato anche dal punto di vista psicologico e attrezzature adeguate.
Lo conferma la ricerca della Dott.ssa Lisa Lezzoni, Direttrice del Centro di ricerca sulle politiche sanitarie, Mongan Institute, del Massachusetts General Hospital di Boston, che ha individuato tre campi d’azione per potenziare la cura dei disabili oncologici: maggiore partecipazione agli screening oncologici, agevolare il percorso diagnostico e ottimizzare l’accesso alle cure e al follow-up.
Cancro disabilità: troppe la variabili in gioco
Le difficoltà riscontrate dal personale sanitario, spesso impreparato, sono legate anche alla estrema variabilità della categoria “disabile”, alla quale appartengono persone con disabilità funzionali, con danni alla mobilità, alla visione, all’udito, alla comunicazione, all’apprendimento, alla memoria e, più in generale, alla salute mentale.
I fattori da tenere a mente per una corretta valutazione sono molti: dal tipo di disabilità, alle limitazioni, all’interferenza delle cure oncologiche con la patologia presente.
Per esempio, nel caso di pazienti affetti da una malattia neurologica infiammatoria o degenerativa, l’uso di alcuni trattamenti oncologici potrebbe interferire con la malattia in atto o addirittura accelerarne il decorso.
Gli esperti richiedono, quindi, l’intervento di un team multidisciplinare, con progetti di cura personalizzati.
Un aspetto da non sottovalutare è l’abbandono terapeutico, spesso, subito dai disabili intellettivi, incapaci di condividere e decidere in accordo con il personale sanitario il proprio percorso terapeutico.
Inoltre, alcuni studi evidenziano come ci sia una maggiore probabilità per le persone disabili di ammalarsi di cancro, grazie a uno stile di vita non proprio sano, esposizione a frequenti esami diagnostici radiologici e invecchiamento precoce.
In conclusione, è necessario l’intervento concreto delle Istituzioni, volto a creare realmente un sistema di accesso e cura equo; informare adeguatamente il disabile oncologico su come accedere anche ai benefici di legge legati alla disabilità stessa e continuare a promuovere un sistema assistenziale, che sia ottimizzato e non lacunoso, da un punto vista medico ed etico.
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