Nel dizionario emozionale ci sono 13 parole chiave, fondamentali nel rapporto medico-paziente.
Le parole usate nella relazione medico paziente assumono un significato diverso a seconda che a pronunciarle sia l’oncologo o il malato.
La relazione di cura fa uso di parole chiave dette emozionali e proprio la loro analisi è oggetto del progetto Dizionario emozionale-Atlante delle parole chiave in Oncologia frutto della collaborazione tra Takeda e le associazioni di pazienti e caregiver.
Il Dizionario, messo a punto dal Prof. Ordinario di linguistica italiana presso l’università di Pavia Giuseppe Antonelli, ha rivelato il significato di 13 parole chiave identificate attraverso sondaggi online, incontri e analisi del sentiment.
Da una parte abbiamo la neutralità e l’oggettività del linguaggio medico, dall’altra la soggettività delle parole, entrate nel lessico di circa 3 milioni di persone.
Il progetto spiega il valore della dimensione linguistica e come il peso della malattia amplifichi e distorca la comprensione dei termini medici.
Prevenzione, per esempio, è un termine che racchiude sia i programmi di screening e controlli per anticipare la malattia sia tutti quei comportamenti che fanno parte del cosiddetto stile di vita sano: non fumare, non bere, mangiare bene e vario, praticare attività fisica.
Questo è ciò che intende il medico, ma il paziente?
Potrebbe rispondere che si ammalano persone di ogni età e con stili di vita sani, quindi il compito del medico è di far capire quanto i comportamenti siano importanti al pari di visite e trattamenti.
La diagnosi per l’oncologo è un giudizio clinico, il punto di partenza sul quale costruire il percorso di cura, per il paziente è l’inizio della fine o una nuova storia da vivere.
E ancora, prognosi nel linguaggio medico assume un significato favorevole o sfavorevole a seconda dell’evoluzione della malattia e a tutta una serie di variabili quali l’età, il sesso, i trattamenti etc.
I pazienti spesso confondono diagnosi e prognosi perché entrambe hanno a che fare con l’irrompere della malattia nella propria vita.
Per il malato la prognosi è bianca o nera, rappresenta l’incertezza del futuro, la capacità di accettare che la vita può cambiare e che il corpo può non funzionare come vorremmo.
La comunicazione tra medico e malato oncologico è deficitaria.
La mancanza di tempo, l’inesistenza di strutture ospedaliere adeguate, l’incapacità comunicativa di medici e infermieri di comunicare in maniera chiara ed empatica sono alcuni dei limiti messi in evidenza dagli esperti.
Nel contesto oncologico, la mancanza di un lessico condiviso è un problema, perché si tratta di trasmettere nozioni mediche e di capire lo stato psicologico del paziente.
Occorre rivedere tutte le basi della comunicazione, retaggio del fatto che il cancro è stato a lungo una parola impronunciabile, un segreto da tenere nascosto.
Una comunicazione trasparente e chiara permette al paziente di vivere la malattia con più serenità.
Il Dizionario emozionale fa riflettere sull’utilità di percorsi formativi atti a migliorare questi aspetti.
Il medico dovrebbe accompagnare il paziente verso la cura, ma anche verso la speranza e solo conoscendo il senso profondo delle parole può farlo davvero.
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