La mastectomia profilattica o preventiva è l’asportazione di entrambe le ghiandole mammarie, praticata in donne sane portatrici di particolari mutazioni che aumentano il rischio di sviluppare il cancro al seno.
Le mutazioni che possono determinare una simile scelta sono legate ai geni BRCA1 e BRCA2 (anche di altre forme, seppur meno conosciute come PTEN, CDH1, STK11 e PALB2), la cui presenza aumenta il rischio d’insorgenza di cancro al seno, all’ovaio, tube, prostata e melanoma.
Negli ultimi anni c’è stato un incremento considerevole della richiesta di tale procedura, in seguito a una più efficace comunicazione da parte delle associazioni femminili e al cosiddetto “effetto Jolie”, la famosa attrice americana, in seguito alla scoperta di essere portatrice dei geni BRCA1, è ricorsa all’asportazione preventiva di entrambe le mammelle.
Evidenze scientifiche significative riguardano soprattutto la presenza nel DNA del gene BRCA1, che accresce del 60% il rischio di sviluppare il tumore al seno in giovane età.
La mastectomia riguarda il seno, ma spesso coinvolge anche le tube e le ovaie (annessiectomia), perché è necessario ridurre la produzione di ormoni femminili responsabili della comparsa delle cellule maligne.
Una ricerca olandese ha messo a confronto gruppi di donne portatrici delle suddette mutazioni geniche, inizialmente nessuna di esse, pur conoscendo il proprio quadro medico, si era sottoposta a mastectomia profilattica.
Successivamente si distinguono 4 sottogruppi, con gene BRC1 operate e non e con gene BRCA2 operate e no.
I dati ci dicono che le donne con mutazione BRCA1 che hanno optato per la rimozione chirurgica, hanno meno probabilità di ammalarsi di cancro e di morire a causa della malattia. Infatti, circa il 90% delle donne operate ha superato i 65 anni di età.
Conclusione.
In questi casi la mastectomia profilattica allunga la vita delle donne, perché nonostante i tumori al seno ereditari siano rari, essi si presentano nelle donne giovani in forme molto aggressive.
D’altro canto, l’asportazione dei seni non è efficace allo stesso modo nelle donne portatrici di mutazioni genetiche BRCA2.
In tali casi, il rischio riscontrato è minore, ci si ammala quasi sempre in età avanzata per forme tumorali con diverse possibilità terapeutiche.
Inoltre, in generale dopo i 60 anni il ricorso all’asportazione dei seni è meno stringente, va da sé che per una donna giovane intervenire tempestivamente è ancora più importante.
L’intervento permette di ridurre di circa il 90% la possibilità di sviluppare un tumore e segue un’attenta valutazione dell’età della donna, della predisposizione, dei benefici ed eventuali effetti collaterali e dello stato psicologico della donna.
Data, infatti, l’irreversibilità dell’asportazione, il cambiamento profondo che investe tutta la sfera della femminilità e la maternità, la scelta va fatta con il contributo di uno psicologo in primis e di un team multidisciplinare, composto dal genetista, dal senologo, dal chirurgo plastico e dall’oncologo.
È prima di tutto una scelta molto personale.
Le donne in attesa di partecipare a programmi di mastectomia preventiva possono praticare la sorveglianza attiva e in particolare aderiscono a programmi di screening più frequenti:
In cosa consiste la sorveglianza attiva? Rigido iter di controlli, risonanza magnetica in aggiunta a ecografia e mammografia, stile di vita sano e uso del tamoxifene a basso dosaggio.
Spesso, però, la sorveglianza attiva è difficile da gestire a livello psicologico, e le donne preferiscono ricorrere a una forma di prevenzione primaria definitiva, come la mastectomia.
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