Coloro che hanno dovuto subire un’operazione hanno messo a rischio la propria salute a causa dell’elevata infettività del virus.
La ricerca, pubblicata dalla rivista The Lancet, ha analizzato il decorso di 1128 pazienti che si sono sottoposti a interventi chirurgici in campo oncologico, polmonare, ginecologico e di chirurgia generale; l’intento è stato quello di rilevare gli esiti a 30 giorni dall’intervento a partire dalla mortalità.
Ebbene 1 malato su 5 è deceduto entro un mese e 1 su 2 è andato incontro a complicanze polmonari.
I dati raccolti ci dicono che i pazienti più a rischio sono gli uomini over 70 e tra le procedure più esposte alle complicanze sono annoverate la chirurgia maggiore, d’urgenza e quella oncologica. I pazienti chirurgici oltre a correre il rischio di contagio in ospedale, sono esposti ad un aumento della risposta infiammatoria e della coagulazione del sangue.
I risultati della ricerca ci dicono che durante una pandemia è meglio rimandare un’operazione, anche se definita a basso rischio.
È preferibile tamponare, laddove possibile, con una cura farmacologica.
Intervenire solo se necessario è importante anche per limitare il contagio tra i medici, che devono comunque adottare tutte le misure precauzionali previste.
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