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Tumore e qualità di vita: perché gli studi scientifici non ne parlano?

15 Maggio 2023

Oggi quasi il 70% delle ricerche sul cancro include tra le variabili o endpoint da valutare la qualità di vita dei pazienti.
La società americana di oncologia clinica ASCO (American Society of Clinical Oncology) e quella europea ESMO (European Society for Medical Oncology) hanno inserito proprio la qualità di vita tra gli elementi da utilizzare per la valutazione dell’efficacia ed efficienza di un farmaco anticancro.
I dati ci dicono che l’inserimento di questo obiettivo negli studi clinici è progressivamente aumentato, basti pensare che dal 2012 al 2016 è del 52,9% e dal 2017- 2021 del 67,8%.
I risultati emergono da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica BMJ Oncology.
Purtroppo analizzando la situazione nel dettaglio vediamo che solo una piccola parte dei risultati delle ricerche sulla qualità di vita è pubblicata.

Qualità di vita e Patient-reported outcomes (PRO)

Il tema della qualità di vita è stato ampiamente dibattuto durante il Clinical Research Course organizzato a Roma tra marzo e aprile dall’AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), per la prima volta in Italia, in collaborazione con l’ASCO.
Al corso hanno partecipato anche personalità di spicco dell’oncologia provenienti da paesi economicamente disagiati, così da condividere esperienze cliniche senza nessun limite territoriale.
Durante il Clinical si è posto l’accento sui Patient-reported outcomes (PRO), cioè l’insieme dei sintomi che misurano l’impatto sulla qualità di vita di un trattamento, che pur fornendo informazioni importanti, non trova spazio sulle riviste di settore.

Risultati della ricerca



Alla ricerca hanno partecipato anche ricercatori del nostro paese, e i risultati ottenuti nascono dal confronto tra 388 sperimentazioni del quinquennio 2017-2021 paragonate a 446 del periodo precedente.
L’agenzia regolatoria americana e quella europea hanno prodotto tutta una serie di documenti che esplicitano la necessità di produrre dati di “patient-reported outcomes” per il trattamento e l’implementazione dei farmaci.
Le aziende farmaceutiche hanno seguito l’invito dei regolatori a includere la qualità di vita tra gli endpoint, ma la ricerca accademica è ancora restia nel farlo.
Inoltre, in quasi la metà degli studi analizzati, i risultati sulla qualità di vita non compaiono nella pubblicazione principale, nonostante siano stati raccolti, così come affermato da Massimo di Maio, segretario AIOM.
Purtroppo, questa tendenza sta peggiorando: nell’ultimo quinquennio, la percentuale di sperimentazioni che pubblica i dati sui PRO è ancora più bassa.
È importante che le società scientifiche offrano formazione su questi temi e creino occasioni di discussione.

Si rende necessaria la creazione di una piattaforma universale per ridurre il gap tra studi registrativi e real world, laddove l’osservazione della vita reale offre diverse opportunità.
I risultati dello studio clinico randomizzato sono come un’istantanea sul farmaco, ma il paziente affronta un percorso di cura lungo, dove se un farmaco non funziona, deve usare un’alternativa. (Francesco Perrone-Presidente eletto Aiom)
Servono studi di sequenza terapeutica, aggiornati con la diagnosi e le terapia vera e propria e obiettivi della ricerca solidi e significativi come la sopravvivenza, la qualità di vita e la tossicità.

Abbiamo parlato di qualità di vita anche qui.