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Tag: chemioterapia

Mucosite e chemioterapia: come comportarsi?

La mucosite è un’infiammazione del cavo orale molto frequente nei pazienti sopposti a chemioterapia.

Uno degli effetti collaterali più fastidiosi delle terapie che si presenta nel 30-40% dei casi con dosaggio farmacologico standard, percentuale che sale fino al 90-100% dei pazienti con trattamenti chemioterapici ad alte dosi.

A seconda del tipo e dell’intensità della terapia, le manifestazioni comuni sono eritemi, secchezza delle fauci, ulcera, erosioni, fino a gravi infiammazioni che interessano la bocca e la gola, impedendo al malato di mangiare, bere, parlare, persino di aprire la bocca.

Spesso il rossore o eritema è affiancato da macchie biancastre, indicative di un’infezione fungina.


A volte, la condizione è talmente dolorosa e debilitante che produce ritardi nelle terapie e aumento dei costi sanitari, impattando negativamente sulla vita del malato.

Perché viene la mucosite?

La mucosite è uno degli effetti collaterali conseguenti alle terapie oncologiche, poiché radioterapia e chemioterapia bloccano la capacità riproduttiva delle cellule epiteliali.
La mancanza di turnover cellulare nel cavo orale produce l’assottigliamento della mucosa, la quale diventa atrofica ed esposta a ulcere, dolore, sanguinamento e infezioni.

I sintomi più frequenti delle mucisoti sono:

Come anticipato, durante la chemioterapia il disturbo si manifesta dopo qualche giorno, con picchi tra il settimo e il quattordicesimo giorno dopo.
Di solito la patologia è localizzata nella superfice interna di guance e labbra, sulla lingua in fondo al palato e si presenta con un rossore vistoso e molto doloroso.
Ma quali sono i sintomi mucosite da chemio?

  • Dolore e difficoltà nella deglutizione
  • alterazione del gusto
  • alterazione salivare
  • alterazione della mucosa con eritema, lesioni, ulcere ed eventuali pirosi gastrica ed esofagite
  • raucedine o riduzione del tono di voce

In campo medico esistono metodi per valutare il grado di mucosità, come il grading WHO (World Health Organization), una scala di valutazione, che utilizza elementi oggettivi e funzionali e la Scala OMAS (Oral Mucositis Assessment Scale), dove la severità della patologia è distinta in 5 gradi diversi.

Trattamento

La mucosite orale nelle sue forme più accentuate va tenuta sotto controllo con piani personalizzati e un approccio di tipo olistico.

Un buon punto di partenza è mantenere un’adeguata igiene orale, consigliati qualora vi fosse dolore, sciacqui con soluzioni antinfiammatorie e anestetiche.
Inoltre, è importante mantenere la zona idratata, evitare cibi acidi, sigaretta, alcol, bere almeno 1,5 l di acqua.

Il trattamento della mucosite è indirizzato alla riduzione dei sintomi, per questo tra i rimedi, diciamo casalinghi, masticare del ghiaccio durante le terapie aiuta a lenire gli effetti tossici dei farmaci sulle mucose.
Consigliate, a livello preventivo, anche le gomme da masticare, grazie alla maggiore produzione di saliva.

Quando il dolore interferisce rendendo difficili le terapie, soprattutto nelle neoplasie testa-collo, si rende necessaria la prescrizione di oppioidi a rapido rilascio, somministrati per via intranasale, transmucosale e sublinguale.

Il miele: il rimedio naturale contro la mucosite oncologica

Il miele sembrerebbe essere uno dei rimedi naturali migliori contro le mucositi da radio e chemioterapia, come dimostrato da numerosi studi scientifici.

Lo confermano circa 19 studi, che non solo mettono in evidenza i vantaggi del miele in fase terapeutica, ma anche preventiva.
Per lenire il disturbo, è necessario cambiare le proprie abitudini alimentari, prediligendo per esempio cibi freddi.
Un aiuto importante potrebbe derivare dal miele, secondo i risultati della ricerca della Taipei University, dove sono stati confrontati circa 19 studi sulla funzione curativa e preventiva del miele.

Dai risultati emerge che consumare miele, anche sotto forma di risciacquo, ha portato a una notevole riduzione del rischio di sviluppare mucosità severe.

Il miele è un potente antiinfiammatorio, antiossidante e antibatterico, neutralizza l’azione dei radicali liberi, crea, inoltre, un ambiente umido, impedendo la proliferazione batterica.

In conclusione, la mucosite rimane un effetto collaterale delle cure oncologiche difficile da gestire e spesso presente in concomitanza con altre patologie prodotte dalla chemio o radio.
Occorre, quindi, investire nella ricerca, per alleviare le conseguenze delle cure, perché trattare il cancro, significa anche controllare e rendere meno aggressivi gli effetti collaterali delle terapie.



La vita oltre la malattia richiede assistenza e supporto

L’assistenza ai malati di cancro non può essere legata solo alla fase della cura, ma deve proseguire anche nella fase della guarigione.

C’è una vita oltre la malattia e nonostante i paesi occidentali sembrano prestare attenzione ai bisogni fisici e psichici del paziente oncologico, molto deve essere fatto.
La rivista The Lancet pubblica una serie di articoli su queste tematiche per sensibilizzare operatori sanitari e decisori politici.
Partiamo dalla situazione nel nostro paese, che è all’avanguardia nella cura contro il cancro.
In Italia, infatti, il 50% degli uomini e il 63% delle donne è vivo a 5 anni dalla diagnosi, data importante soprattutto nella previsione delle recidive.
Ci sono, come sappiamo, alcuni tipi di tumore in cui la riuscita delle cure è molto alta, come alla tiroide, alla prostata, al seno.
Ovviamente molto dipende dal grado del tumore e dai programmi di screening ai quali tutti noi dovremmo sottoporci con regolarità.

Nella rivista The Lancet si delinea una criticità, sembra, cioè, che nei percorsi di assistenza ci si concentri troppo sulla fase di individuazione di possibili recidive e meno su quella post cura, con l’intento di migliorare la qualità della vita del malato oncologico.
Inoltre, la gestione dei controlli attualmente spetta a oncologi, ematologi, radioterapisti, ma dovrebbero essere coinvolti tutti, compresi medici di base e caregiver, per un approccio personalizzato ed efficace.

Gli effetti fisici e psicologici della malattia e soprattutto delle cure possono essere difficili da superare, senza un adeguato supporto.
A livello fisico le conseguenze della chemio sono diverse, dai problemi cardiaci, alla sindrome metabolica, all’osteoporosi, ai problemi sessuali.
E nonostante l’immunoterapia sia più tollerabile rispetto alla chemio tradizionale, anche alle cure più innovative seguono strascichi di effetti collaterali sull’apparato digerente, sulla pelle e sulle ossa.
Per non parlare dei bisogno psicologici, per i quali si necessita di un percorso terapeutico.
Per esempio abbiamo parlato dei risvolti del cancro sul rapporto di coppia. Leggi il nostro articolo.

Proprio con l’intento di scongiurare le recidive, è importante affiancare il paziente nel cambio dello stile di vita: smettere di fumare, controllare il peso corporeo, praticare attività fisica regolare, sono tutti comportamenti ai quali il paziente va indirizzato in un sistema assistenziale ideale.

Particolare attenzione, secondo il dossier di Lancet, va data a chi ha superato il cancro da bambino/a o da ragazzo/a, perché subisce il rischio di recidiva in età adulta, nonché i danni collaterali delle terapie.

L’assistenza continua è un obiettivo per i prossimi anni, sicuramente c’è molto da lavorare, anche in virtù della piena realizzazione della telemedicina.

10 domande sui farmaci contro il cancro

La SIF, Società italiana di farmacologia, fa il punto sulla situazione delle terapie farmacologiche contro il cancro, rispondendo a 10 domande sull’evoluzione dei farmaci, spesso accusati di essere inefficaci e dai devastanti effetti collaterali (SIF).

Ogni anno, in Italia, circa 1000 persone ricevono una diagnosi di tumore maligno, l’incidenza aumenta con l’età, data la minore capacità del nostro organismo di rispondere alle mutazioni genetiche.

Vediamo nel dettaglio come gli esperti oncologi del Sif rispondono alle domande più diffuse su cancro e terapie.

Si guarisce di cancro oggi, grazie ai farmaci?
La risposta, purtroppo, non può essere univoca, data la multiformità del cancro, tanto che dovremmo parlare di tumori.
Inoltre, a determinare il successo delle terapie, è la storia individuale del soggetto, perché ognuno di noi reagisce al cancro in maniera diversa.
Più che di guarire, si dovrebbe parlare di sopravvivenza a 5 o 10 anni oppure, quando non è possibile eradicare il tumore, di convivenza con la malattia.

Perché è difficile eradicare la malattia?
Perché le cellule malate sono molto simili a quelle sane, quindi le terapie rischiano di colpire entrambi i tipi, determinando i cosiddetti effetti collaterali.
Le terapie in tal senso stanno facendo passi da gigante, con farmaci sempre più selettivi, che bersagliano solo le cellule cancerogene.

La chemioterapia è ancora efficace?
La chemioterapia classica, basata sull’uso di farmaci citotossici, nonostante gli effetti collaterali, è ancora molto importante nella lotta contro il cancro.
Oggi, i farmaci chemioterapici sono utilizzati con successo nella cura dei tumori pediatrici e in combinazione con farmaci biologici o biotecnologici, hanno prolungato di molto l’aspettativa di vita di persone affette da tumori aggressivi.

La radioterapia è ancora efficace?
Sì, la radioterapia ha il merito di bersagliare in maniera più selettiva le cellule malate.
Grazie ad apparecchiature che colpiscono il cancro con fasci di luce da diverse angolazioni è possibile colpire il Dna delle cellule tumorali, distruggendole.

Terapie: nuove frontiere

Esistono terapie più precise e meno invasive della chemio o radioterapia?
La ricerca oggi ha permesso l’introduzione di nuovi farmaci sempre più selettivi, che identificano bersagli tipici.
È nella conoscenza della genetica che troviamo l’origine di farmaci più precisi, con meno effetti collaterali.
Pesiamo, ad esempio, agli inibitori della tirosin chinasi, per mezzo dei quali è stato studiato un farmaco capace di bloccare la crescita cellulare anche in diverse neoplasie, oppure agli inibitori del proteasoma e agli inibitori mTor, che vanno a colpire il metabolismo cellulare.

Se la genetica è così importante, perché il cancro non viene curato con farmaci genici?
La strada intrapresa dalla ricerca è proprio questa.
Da poco si parla degli ottimi risultati nella cura dei tumori sanguigni ottenuti con la terapia Cart-T.
Come funziona? I linfociti del sistema immunitario del paziente vengono prelevati, il loro Dna è modificato in laboratorio, in modo da riuscire a fargli riconoscere e attaccare le cellule malate.
Successivamente questi linfociti vengono fatti crescere di numero e reiniettati nel corpo del paziente.

Leggi qui la storia di Judy.

Un vaccino contro il cancro?
Benché al momento esistano forme tumorali, come il cancro alla cervice uterina, per i quali sono utilizzati vaccini, per il cancro in genere, è molto complicato studiare un vaccino valido.
I vaccini sensibilizzano il sistema immunitario contro un ospite sgradito, come un virus, riconoscendolo come estraneo.
Il problema con le cellule tumorali è che, come detto, sono molto simili a quelle sane e quindi è difficile identificarle come “diverse”. Inoltre, le cellule malate addormentano il sistema immunitario, rendendo difficile una sua risposta.

Al posto del vaccino, è possibile utilizzare anticorpi?
Sì, lo si sta già facendo per mitigare gli effetti collaterali della chemioterapia classica.
L’anticorpo rende la terapia più mirata, permettendo di riconoscere il bersaglio presente in misura maggiore sulla cellula non sana.

Quali tumori è possibile curare con gli anticorpi?
La terapia combinata di anticorpi monoclonali (con la massima omogeneità di bersaglio) e farmaci tossici è stata già adottata nella cura della leucemia mieloide acuta, delle ricadute del linfoma di Hodgkin e nel carcinoma della mammella positivo HER-2.  

Farmaci agnostici: cosa sono?

Quali i farmaci più promettenti?
Abbiamo accennato che le novità più importanti arrivano dalla genetica, perché la genetica permette di conoscere il tumore.
L’assunto secondo il quale più tumori hanno in comune le stesse mutazioni genetiche, ha aperto la strada ai farmaci “agnostici”, capaci di colpire tutti i tipi di tumore con la stessa mutazione.
Le terapie tumore-agnostiche attaccano le anomalie genomiche, indipendentemente dal sito di origine del tumore.
Dal 2017, anno in cui la FDA (Food and Drug Administration) approva il primo farmaco agnostico, la firma genomica del tumore guida la scelta del migliore trattamento, laddove fino a qualche anno fa i farmaci erano approvati in base all’organo di provenienza e alle caratteristiche istologiche.

La vita sotto il turbante: l’unione tra donne fa la forza

Il progetto La vita sotto il turbante nasce dalla collaborazione tra Go5 per mano con le donne Onlus e la Cooperativa Alice per Sartoria San Vittore e ha lo scopo di aiutare donne che soffrono, per il cancro al seno o per la detenzione.
I turbanti confezionati dalle sarte sono distribuiti alle donne in cura, costrette per un periodo, alla perdita dei capelli.

Secondo i Numeri del Cancro in Italia 2021 il tumore al seno è la patologia neoplastica più diffusa tra le donne, circa 834 mila i casi registrati, con un’incidenza del 43% sul totale delle donne malate di cancro.
Come più volte abbiamo sottolineato la prevenzione primaria e secondaria, l’adesione ai programmi di screening e l’adozione di uno stile di vita sano sono tra i fattori determinanti del calo costante della mortalità rispetto agli anni passati.
Abbiamo anche parlato di come si sentono le donne durante le cure, di come vivono il cambiamento, sociale, culturale e soprattutto fisico, perché anche se temporaneo, quest’ultimo incide molto sul senso di misconoscimento della donna.

La perdita dei capelli, in seguito alla chemioterapia, è tra gli effetti peggio avvertiti dalle donne, che si sentono meno femminili e costantemente sotto gli occhi degli altri.

Qui abbiamo parlato di un altro splendido progetto.

Perché scegliere di indossare un turbante?

La scelta di indossare una parrucca o un turbante risponde proprio alla necessità di continuare a sentirsi piacevoli ai propri occhi e magari agli occhi del partner.

Indossare un turbante colorato, in seta, in tessuti wax o indiani è una scelta pratica per la vita quotidiana e allo stesso tempo è un modo per giocare con il proprio essere donna e con la propria bellezza.

I turbanti del progetto sono realizzati, secondo un modello ideato dalla stilista Rosita Onofri, dalle detenute del carcere San Vittore e sono disponibili per le donne malate a fronte di una piccola donazione.
L’iniziativa veicola un messaggio di solidarietà tra donne, accomunate dalla sofferenza, sia quella della malattia sia quella della detenzione.

Infatti, il turbante diventa un simbolo di integrazione tra le detenute soddisfatte nel creare un pezzo unico, frutto del loro lavoro artigianale.
È un modo per sentirsi “libere” dalle mura del carcere e lavorare continuando a mantenere economicamente le famiglie all’esterno, perché l’Ass. Go5 commissionando i turbanti, offre loro un impiego.

Le parole di Cristina…

Così Cristina Gatelli, una delle fautrici del progetto, descrive la scelta di indossare il turbante:
«Quella del turbante, in realtà, è una scelta molto personale. Alcune preferiscono indossare una parrucca, perché consente di non dover dare spiegazioni né in famiglia, magari con i figli piccoli che fanno fatica a vedere la mamma senza capelli, né sul lavoro o quando si incontra qualcuno per strada. Poi ci sono le pazienti che non hanno problemi a mostrare la testa calva: sono tranquille e non intimorite dalle possibili reazioni delle altre persone. Il turbante invece viene scelto da chi non si sente di rimanere a capo scoperto, ma non vuole nemmeno nascondere del tutto la malattia. Quello che offre è un senso di libertà e di accettazione rispetto a quello che sta accadendo, un modo di giocare con l’abbinamento di colori e dire che la propria esistenza non si ferma al tumore“.

Come aiutare il progetto La vita sotto il turbante?

La vita sotto il turbante è alla ricerca di stoffe e di luoghi fisici o virtuali ove presentare il progetto.
Per chi, invece, fosse alla ricerca dei turbanti è possibile trovarli:

  • Consorzio Viale dei Mille a Milano
  • Online qui
  • Presso lo store Pretty Box sempre a Milano

Chirurgia conservativa: gli effetti positivi sulla vita della donna

La chirurgia conservativa influenza positivamente la qualità di vita delle donne malate di cancro ed è efficace in termini di sopravvivenza e guarigione.

Secondo i risultati della ricerca del Brigham and Women’s Hospital di Boston pubblicati sulla rivista JAMA Surgery, la tipologia di intervento scelta dalle donne giovani affette da cancro al seno influenza la loro qualità di vita.

Mastectomia e reazioni del sistema immunitario

Sulla prestigiosa rivista scientifica The Breast è stato pubblicato un articolo che conferma quanto dimostrato dalla ricerca di Boston. Inoltre, i luminari avanzano l’ipotesi che grazie alla radio post operatoria e alla migliore reazione del sistema immunitario, la chirurgia conservativa conduca anche a una riduzione della mortalità.

Nonostante negli Stati Uniti la mastectomia sia praticata soprattutto sulle donne giovani, i dati dimostrano come le donne percepiscano un peggioramento della qualità di vita successivo a interventi di mastectomia laterale o unilaterale.
Le pazienti sono meno stressate di fronte a interventi per la sola rimozione del tessuto malato o delle aree adiacenti il cancro.

La chirurgia conservativa mammella in Italia

Il Breast-Q, cioè un questionario con domande inerenti la qualità di vita, è stato sottoposto a 560 donne con un’età inferiore ai 40 anni, malate di cancro a diversi livelli.

Il campione è rappresentativo di donne con mastectomia bilaterale, unilaterale e conservativa con conseguente ciclo di radioterapia.

L’asportazione totale del seno è vista negativamente e produce effetti sull’attività fisica, le relazioni sessuali e la ricostruzione del seno post guarigione.

Per fortuna in Europa e in Italia la situazione è ben diversa: se negli Stati Uniti sono praticate due mastectomie ogni 5 casi diagnosticati, in Europa gli interventi drastici si dimezzano e in Italia ancora di più.
Perché questa differenza? In America variabili mediche ed economiche incidono sulle scelte oncologiche, i medici cercano di limitare i danni causati da possibili azioni legali in caso di recidive.

Oncoplastica: la nuova frontiera della lotta al cancro



In Italia assistiamo negli ultimi anni a un incremento delle tecniche di chirurgia conservativa, basti pensare che nei Centri Senologici circa l’80% dei trattamenti mira ad asportare contemporaneamente la neoplasia e salvaguardare l’estetica del seno.

Le nuove procedure oncoplastiche, coniugano l’oncologia alla chirurgia estetica, ottenendo ottimi risultati sia di guarigione sia estetici.
Gli interventi richiedono una pianificazione dettagliata dalla localizzazione del tumore alle caratteristiche della ghiandola mammaria coinvolta.

I risultati della ricerca di Boston confermano la positività di questo trend di cura, in quanto, almeno in Italia, solo una residua percentuale di donne è ancora sottoposta alla chirurgia demolitiva.

Per approfondire, leggi anche:

Firma di espressione genica e chemioterapia

Uno studio collega la firma di espressione genica alla risposta del paziente alla chemioterapia ed è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications.

L’espressione genica è il processo tramite il quale le informazioni vengono trasferite dai geni del DNA alle proteine tramite l’RNA. Così le cellule e i tessuti acquisiscono informazioni e caratteristiche indagate dai test di espressione genica.

In parole semplici, in ogni paziente malato di cancro esistono cellule tumorali diverse per crescita, metastasi e risposta alla chemioterapia.

Espressione genica: tecnologie a confronto

Nello sviluppare la nuova tecnica di sperimentazione, i ricercatori hanno adottato due tecnologie diverse: la prima messa a punto da Humberto Contreras-Trujillo dell’USC e i suoi colleghi permette di leggere le firme di espressione genica delle cellule in pazienti affetti da leucemia.
La seconda sviluppata da Lu Lab etichetta le cellule malate con codici a barre, offrendo la possibilità non solo di riconoscere quelle leucemiche, ma anche di ricostruire la progenie della malattia.

Secondo Lu, Professore di biologia delle cellule staminali di Richard N. Merkin. e medicina rigenerativa, ingegneria biomedica, medicina e gerontologia presso la USC e studioso della Leukemia & Lymphoma Society, lo studio è in grado di identificare geni sconosciuti coinvolti nella progressione e nella resistenza alle cure della malattia.

Infatti, un grosso ostacolo per gli studiosi sul cancro è l’analisi di campioni non rappresentativi di cellule nei pazienti.

Quindi se un medico raccoglie le cellule del paziente tramite un prelievo di sangue standard, probabilmente il campione non includerà le cellule leucemiche non circolanti localizzate nelle tasche del midollo osseo.
E la cosa più preoccupante è che le tasche di cellule malate non sono distribuite in maniera uniforme nei pazienti.

I risultati ottenuti mediante il trapianto seriale sono molto interessanti. Infatti, lo studio dimostra la sopravvivenza di cellule cancerogene nei trapianti seriali con particolari forme di espressione genica.
In pratica i ricercatori hanno dimostrato i limiti delle fasi finali dei test clinici prima che questi vengono applicati alla ricerca umana, poiché i modelli usati non riescono a catturare la diversità delle cellule tumorali all’interno del singolo paziente.

Inoltre, nella pratica clinica la terapia combinata, che unisce cioè chemioterapia intensiva a breve termine e mantenimento nel lungo periodo, appare la formula migliore.

La ricerca sulla firma di espressione genica delle cellule leucemiche dimostra come questa influenzi la risposta del paziente alla cura e può essere applicata ad altre forme di cancro con notevoli successi.

Cura del cancro: dai primi interventi a oggi

La cura del cancro ha inizio nei primi anni del 1900, dai primi interventi chirurgici fino alle moderne tecniche immunoterapiche.


Nell’ultimo secolo il cancro è diventata una malattia molto diffusa a causa del cambiamento dello stile di vita, dell’inquinamento ambientale e dell’aumento della vita media.
Oggi, però, fa anche meno paura e questo grazie ai miglioramenti nei programmi di screening e a cure sempre più mirate e personalizzate: la lotta della scienza contro il tumore è ricca di successi.

Ripercorriamo le tappe più significative della lotta al cancro:

Agli inizi del ‘900 l’approccio chirurgico è quello più utilizzato, con l’obiettivo di eliminare la massa tumorale dal corpo del paziente.
Proprio in quel periodo registriamo le prime soluzioni di anestesia totale ideali per gli interventi.
Grazie alla scoperta della radioattività ad opera di Marie Curie, alcuni scienziati russi espongono malati di tumore alla pelle a sostanze radioattive.

Una data importante è il 1947: presso il Children’s Hospital di Boston si registra la prima parziale remissione in un bambino di 4 anni affetto da leucemia.
La malattia è curata con la molecola aminopterina, capace di inibire la crescita delle cellule tumorali.
Prima del 1947, i bambini malati di leucemia vivevano pochi mesi.

Intorno alla metà del 1900, è approvato il primo farmaco chemioterapico, la mostarda azotata.
La molecola, usata per lo più per fini bellici, ha la caratteristica di indurre così tante mutazioni nelle cellule da condurle alla morte.
Gli scienziati provano a utilizzare la mostarda azotata per debellare le cellule cancerose e ottengono buoni risultati nella cura del linfoma di Hodgkin.
Tra il 1950 e il 1970,  si arriva alla conclusione che il tumore può essere curato con farmaci combinati e che la mastectomia totale non rappresenta l’unica forma di cura del tumore al seno.

Dalle terapie ormonali al recettore Car-T: la cura oggi

Sempre riguardo alle neoplasie alla mammella, nel 1980 si distinguono due categorie: ormonosensibili e non ormonosensibili.
Le prime forme di cancro sono dotate di recettori per neutralizzare il tumore. Quindi, dopo l’intervento, alla paziente viene prescritta una cura ormonale che aumenta la probabilità di guarigione. Fondamentale in questo percorso di cura è l’uso dell’tamoxifene, una molecola rivoluzionaria nella lotta alle recidive.
Qualche anno più tardi, la ricerca approva il primo farmaco a bersaglio molecolare: il rituximab per colpire selettivamente le cellule malate.
Le terapie sono sempre più mirate a interrompere i meccanismi che alimentano il tumore e sul produrre farmaci come il bevacizumab, che agisce sui vasi sanguigni bloccando il nutrimento per le cellule malate.
Gli ultimi anni sono stati davvero significativi con l’immunoterapia e le molecole capaci di stimolare il sistema immunitario del malato e gli studi sui recettori CAR-T.

La tecnica prevede il prelievo di Linfociti T nel malato per modificarli in laboratorio, innestando sulla loro superfice il recettore CAR, Chimeric Antigenic Receptor.

Le conquiste scientifiche dimostrano come investire nella ricerca è la strada giusta, perché il cancro in futuro sia una malattia curabile in tutte le sue forme.

Chemioterapia e alopecia: il progetto Onco Hair

L’alopecia è tra le conseguenze più temute della chemioterapia, una volta superato lo choc per la diagnosi e la paura di morire a causa del tumore.
Circa il 47% delle donne la considera l’aspetto più difficile da accettare legato alle cure e il 10 % delle malate è tentato di rifiutare le cure, proprio per evitare la perdita dei capelli.

Onco Hair: protesi contro l’alopecia

Ad oggi il rimborso della parrucca non è previsto dal Sistema Sanitario Nazionale, anche se alcune regioni stanziano fondi a copertura parziale o totale per l’acquisto.
Il progetto Onco Hair, a cura dell’Associazione per il Policlinico Onlus, Fondazione Cariplo e CRLAB, dona protesi tricologiche di capelli naturali alle donne che vivono in condizioni economiche disagiate e devono affrontare il percorso della chemio.

Più che una parrucca si tratta di una protesi del capillizio altamente personalizzata, un progetto realizzato presso i laboratori CRLAB di Zola Pedrosa (Bologna) ed esportato in tutto il mondo.
La protesi è realizzata con capelli umani inseriti uno alla volta in una membrana polimerica biocompatibile coperta da brevetto.

Come migliorare l’immagine di sè durante la chemio


La guerra contro il cancro si combatte partendo dallo stato d’animo giusto.
Molte delle donne intervistate lamentano il senso di impotenza, di vergogna nell’indossare le parrucche tradizionali che spesso creano disagio spostandosi e attirando lo sguardo delle persone.
Sentirsi continuamente guardate come malate, aumenta la sofferenza psicologica.

Infatti, uno studio pilota realizzato da Salute Donne Onlus e condotto presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano ha misurato in 10 punti di miglioramento sulla scala BIS (scala dell’immagine corporea che va da 0 a 30) l’impatto positivo dell’indosso del dispositivo, rispetto alla parrucca.

I capelli, soprattutto nelle donne,  sono un elemento identitario fondamentale e nonostante la ricrescita dei capelli sia prevista dopo circa 3-6 mesi dalla fine delle cure, è bene capire qual è il modo migliore per convivere con i cambiamenti fisici indotti dalle cure.

Cancro al seno ed esposizione solare: 5 consigli utili

Il desiderio di esporsi al sole al mare è comune anche alle donne operate di cancro al seno.
Desiderose di lenire non solo le ferite fisiche, ma anche quelle psicologiche, cercando in gesti semplici il ritorno alla normalità e al proprio essere donna.

In caso di cancro o operazione al seno, come godersi i raggi solari e fare un bagno in tutta sicurezza?

Ce lo spiega nel dettaglio il Professor Giuseppe Petrella, oncologo e docente ordinario di Chirurgia generale presso l’Università Tor Vergata di Roma, attraverso una guida in 5 punti:

  • Aspettare almeno 6 mesi


La qualità delle cicatrici post intervento è migliorata moltissimo, grazie alle suture intradermiche e punti che si assorbono da soli; ma è comunque consigliabile aspettare qualche mese proprio perché la cicatrice può diventare ipertrofica e irritarsi ulteriormente.

  • Protezione solare molto alta e indossare indumenti protettivi

In realtà, trascorsi già sei mesi dall’operazione, non c’è necessità di indossare indumenti protettivi, ma una protezione solare molto alta, con SPF superiore a 50.

  • Ora di esposizione

In tal caso vale il discorso generale di non esporsi nelle ore più calde della giornata, quindi prediligere o le prime ore del mattino o dopo le 5 del pomeriggio.
Inoltre, il cielo nuvoloso può essere ingannevole: va ricordato che la copertura nuvolosa è in grado di attenuare appena il 10% dei raggi ultra-violetti.

  • Nuotare fa benissimo

Una bella nuotata è rigenerante e consigliata per le donne che con l’operazione hanno subito lo svuotamento ascellare, perché evita l’accumulo di liquidi.

  • Cautela in caso di chemioterapia e radioterapia

I farmaci chemioterapici aumentano la fotosensibilità della pelle e l’abbassamento delle difese immunitarie e ciò può generare conseguenze anche gravi.

In caso di radioterapia è meglio aspettare almeno un anno prima dell’esposizione a causa delle radiodermiti, delle teleangectasie e di tutta una serie di complicanze che possono provocare problemi molto gravi. Il consiglio è quello di attendere il tempo necessario al recupero del proprio organismo e comunque portare sempre con sé un ombrellone, crema solare con protezione alta, t-shirt, foulard e cappelli.

In caso di intervento al seno è fondamentale attenersi alle indicazioni del proprio oncologo, circa le precauzioni da assumere e la durata dell’esposizione.

Cancro: il percorso dopo la cura

Affrontare il cancro significa intraprendere un percorso complesso che ha inizio con la diagnosi e prosegue con la cura e i controlli periodici.
Le ripercussioni sullo stato di salute fisiche ed emotive del paziente sono notevoli.
Le statistiche ci dicono che più della metà dei malati guarisce in modo definitivo, un 20% convive con la malattia per un lungo periodo e in generale, il 4% dei cittadini ha o ha avuto una storia personale di tumore.

La percentuale dei guariti è in crescita, grazie al successo dei programmi di screening.
Nonostante l’auspicio sia quello che con la fine delle cure si possa tornare alla vita di prima, le tracce lasciate dalle cure e dai trattamenti possono avere ripercussioni anche a lungo termine.
Così se è normale aspettarsi effetti collaterali durante le cure, alcune patologie possono essere aggravate o manifestarsi a distanza di mesi, come il diabete o le cardiopatie.
Risulta necessario un approccio multidisciplinare, che veda la collaborazione di oncologi, psicologi e altri specialisti, oltre che dei medici di medicina generale per affiancare il malato durante le terapie e dopo.


Assistenza post cura

La prevenzione e la cura degli effetti collaterali è delegata al medico curante in primis (messo a conoscenza per primo dei sintomi) e poi al personale ospedaliero, che esegue i controlli (follow up) codificati dalla comunità scientifica, che hanno lo scopo di evidenziare una recidiva della malattia, ma anche le problematiche che ostacolano il ritorno alla normalità.
Dopo una prima fase intensiva, i controlli tendono a diradarsi nel tempo: il guarito deve fare affidamento al proprio medico, questo per evitare di fare controlli sbagliati che accrescono il grado di apprensione.

La riabilitazione:
Un ruolo importante è quello della riabilitazione, che ha lo scopo di prevenire e trattare gli effetti collaterali dei trattamenti e recuperare le funzioni lese.
In base al tipo di tumore e alle terapie ricevute sono stabiliti interventi riabilitativi specifici.
L’obiettivo è quello di aiutare la persona al reinserimento lavorativo, sociale e familiare.
Ma quali sono le conseguenze a lungo termine del cancro?
Come anticipato, le conseguenze sono legate al tipo di trattamento, quindi se la chemioterapia porta con sé alterazione della memoria, cataratta, disturbi cardiaci; l’intervento chirurgico, per esempio, determina altri effetti.

Nell’opuscolo La vita dopo il cancro, sono descritti tutti i possibili effetti collaterali delle terapie e i rimedi per alleviarli.

Stato emotivo: approccio multidisciplinare

Sopravvivere al cancro, significa ricostruire pezzo per pezzo la propria integrità mentale.
Significa imparare a convivere e controllare stati emotivi contrastanti, sempre alla ricerca di un nuovo equilibrio.
La rabbia, il senso di solitudine e isolamento, l’ansia e la paura costante che la malattia possa ripresentarsi e interpretare alcuni sintomi come la conferma.
Talvolta questi pensieri sfociano in crisi d’ansia, difficoltà di concentrazione, eccessi d’ira, altre, passano con il tempo, quando si riprende in mano la propria vita e si acquisisce maggiore sicurezza.
Discorso a parte va fatto per la sfera sessuale: i trattamenti e le conseguenze psicologiche spesso sono foriere di un calo del desiderio, soprattutto tra le donne. Il consiglio è quello di farsi affiancare da uno specialista e dialogare molto e apertamente all’interno della coppia.

La comunità scientifica sostiene il valore dell’approccio multidisciplinare alla cura e alla fase post guarigione, perché riesce ad avere una visione d’intervento d’insieme.

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