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Sequenziamento Nanopore e decorso tumorale

Il sequenziamento di terza generazione rappresenta un metodo innovativo per il monitoraggio dei pazienti oncologici e l’analisi del genoma tumorale.



Lo studio messo a punto da ricercatori dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc), dell’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (Ispro), dell’Università di Pisa (Unipi), dell’Università di Firenze (Unifi) e dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana (Aoup) vuole dimostrare come poche gocce di sangue siano sufficienti per monitorare il decorso della malattia.
Quindi con un semplice prelievo ematico è possibile monitorare le alterazioni del Dna nei pazienti oncologici e, addirittura, predire l’evoluzione che avrà il tumore in una persona piuttosto che in un’altra.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Molecular Cancer.


Metodologie a confronto


La nuova metodologia, basata sul sequenziamento di terza generazione, si inserisce nel filone della biopsia liquida, ovvero la predizione del decorso della malattia attraverso i biomarcatori presenti nel sangue.
Le analisi basate sul sequenziamento del Dna cell-free, eseguite con sequenziatori di seconda generazione, sono estremamente efficaci, ma non sempre accessibili anche a causa dei costi di strumentazione.
Le piattaforme di sequenziamento di terza generazione, come i sequenziatori Nanopore, sono più economiche.

La tecnologia Nanopore applicata alla ricerca contro il cancro

Nella ricerca si parte dal prelievo di sangue per individuare il DNA danneggiato, caratterizzato da frammenti piccoli, derivati dalla morte delle cellule sane e, nei pazienti oncologici, dalla morte di quelle tumorali.
La frazione varia a seconda dello stato del tumore: è limitata nei primari e dopo la terapia e aumenta nei tumori metastatici.
Il DNA purificato dal plasma dei pazienti è sequenziato attraverso tecnologia Nanopore.
Nel sequenziamento Nanopore i frammenti di DNA sono spinti mediante nono-pori su una membrana: il passaggio delle basi che compongono il DNA (Adenina, Citosina, Guanina, Timina) attraverso il poro induce un’alterazione del segnale elettrico che viene poi decodificato per ottenere la sequenza dei diversi frammenti. La sequenza dei frammenti permette di localizzarli sul genoma, l’insieme di tutta l’informazione genetica, e contarne il numero in ogni singolo punto.
La profilazione del tumore, in un’ottica di medicina personalizzata, permette di adottare la strategia terapeutica più adatta.

Il progetto è quello di applicare questa tecnologia di ricerca anche nei centri più piccoli a livello clinico.

Oncologia molecolare, test e cure adeguate

L’Oncologia Molecolare è una disciplina che unisce le competenze della biologia molecolare con quelle dell’oncologia, studia le mutazioni e le alterazioni genetiche a carico di specifici geni o di intere porzioni cromosomiche, coinvolte nello sviluppo del cancro.

Lo scopo della ricerca è determinare le cause di un tumore o almeno ciò che aumenta il rischio individuale di ammalarsi.
Qualora non fosse possibile prevenire agendo sulle causa, si rende necessario identificare il tipo di tumore, ricostruendo la storia della malattia fin dagli esordi.
I primi danni al DNA possono comparire anche anni prima della comparsa della malattia.

Conosciamo molto bene i fattori di rischio, sui quali ognuno di noi può agire per preservare la propria salute: il fumo, la scorretta alimentazione e la vita sedentaria sono alcune della cause scatenanti di patologie oncologiche, quali il tumore alla vescica o ai polmoni.

I geni sono le varibili scatenanti che la prevenzione e i risultati dell’oncologia molecolare identificano, promuovendo cure sempre più sofisticate ed efficaci.

Oncologia molecolare: i biomarcatori

L’identificazione di uno o più specifici marcatori molecolari su biopsie tumorali è di fondamentale importanza per il clinico, poiché oltre a permettere una migliore classificazione della tipologia di tumore, può fornire indicazioni sul trattamento farmacologico più idoneo in termini di efficacia e tollerabilità al farmaco.

È inoltre possibile individuare precocemente mutazioni a livello germinale che predispongono all’insorgenza di tumori ereditari e sorvegliare il soggetto e gli appartenenti alla famiglia con le sue stesse caratteristiche.

La sfida sta nel combinare i risultati dell’oncologia molecolare con quelli dei test strumentali (dalla risonanza magnetica ad alcune forme particolari di ecografia o di TC) per anticipare la scoperta della malattia.

Le terapie a bersaglio molecolare

Lo sviluppo di farmaci a bersaglio molecolare o targeted therapy ha consentito miglioramenti clinici significativi, sia nella riduzione della massa tumorale sia in termini di allungamento della vita media dopo le cure.

Uno dei primi target a essere entrato nella pratica clinica è stato sicuramente il recettore HER2 per il carcinoma della mammella.
Su questo target è stato costruito uno dei primi farmaci , il trastuzumab, determinante nella cura e nella guarigione del 20% dei tumori mammari.

Terapie mirate sono state promosse su quasi tutti gli altri tumori solidi: dai tumori del colon-retto (RAS), a quelli del polmone(EGFR, ALK, ROS), dal melanoma (B-RAF) ai tumori del rene (VEGF) ecc.
La condizione fondamentale affinché la terapia target sia efficace è che il target individuato sia vitale” per la patologia, ovvero che rivesta un ruolo cruciale nella proliferazione della cellula malata.
In tal caso, l’individuazione del recettore permette l’utilizzo di un farmaco specifico.

Purtroppo il tumore ha un sistema biologico intelligente con grande capacità di adattamento.
Nel momento in cui blocchiamo una via di crescita della cellula tumorale, questa trova altre possibilità di proliferazione.
Lo “spirito” di adattamento cellulare, detto “farmaco-resistenza”, spinge la ricerca a trovare nuovi target e metodologie di analisi più sofisticate e meno invasive.

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