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In seno alla salute: prevenzione la parola d’ordine

In seno alla salute è la campagna ideata dal Ministero della salute in collaborazione con le breast Unit delle Università di Tor vergata e Modena e Reggio Emilia per promuovere la prevenzione.

Il programma vuole fornire alle donne in età fertile sia informazioni sulla salute riproduttiva e sull’infertilità determinata dal cancro al seno sia la possibilità di effettuare un consulto medico telefonico gratuito.

Nelle breast unit sono coinvolti specialisti di diverse discipline: curare il cancro significa inserire la patologia in un quadro multidisciplinare.
Il progetto è incentrato sul cancro al seno, la patologia più diffusa tra le donne, i dati, infatti, ci dicono che circa il 30,3%  delle forme tumorali femminili è al seno appunto.
Dalla fine degli anni  90 si  osserva una generale diminuzione della mortalità, legata al successo della diagnostica e delle terapie personalizzate.
In seno alla salute rientra nei programmi volti a diffondere maggiori informazioni sul cancro e a promuovere i programmi di screening, così determinanti, prima che la situazione diventi irreparabile.
Tramite la compilazione di un questionario anamnestico, la paziente è riconosciuta o meno come soggetto a rischio.

Uno specialista, in seguito all’analisi dei dati, consulta la paziente a telefono e se lo ritiene necessario può prescrivere ulteriori accertamenti.

Ottobre: il mese della prevenzione

L’Ottobre Rosa è il movimento nato per sensibilizzare le donne sul valore della prevenzione: primaria, ovvero modificare quei comportamenti considerati ad alto rischio e secondaria, aderire ai programmi di screening e diagnosi precoce per monitorare con costanza il proprio stato di salute.
Incrementare l’adesione ai programmi di screening, comunicare misure come l’autopalpazione e chiarire i dubbi riguardanti la possibilità di concepire anche con un tumore al seno sono tutte misure volte a prevenire l’insorgenza della malattia e a convivere con la diagnosi.

Gli obiettivi di In seno alla salute sono proprio questi, l’iniziativa punta al raggiungimento degli standard in linea con il piano di azione globale dell’Oms per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili.

Donne straniere, come coinvolgerle nei programmi di screening

Il progetto “Foreign Women Cancer Care” di AIMaC, Caritas, Istituto Regina Elena e Ospedale Fatebenefratelli di Roma nasce nel 2014 ed è finalizzato a informare e coinvolgere le donne straniere sui programmi di screening (tumore alla mammella e ovarico) e i risultati raggiunti sono andati oltre ogni aspettativa.

Donne straniere e cancro: ecco i dati

In Italia meno del 50 % delle donne straniere si sottopone a pap-test per il controllo del tumore della cervice uterina, contro il 72% delle donne italiane. Allo stesso modo meno del 43% esegue controlli regolari al seno, contro il 73% delle donne italiane.
Per questo le donne straniere arrivano alla diagnosi di tumore quando la malattia è già in stadio avanzato.

Fra le donne nate all’estero invitate a fare il Pap-test è stato individuato un sottogruppo di donne provenienti dai paesi a forte pressione migratoria (12% di tutte le donne), le quali mostrano una minore adesione allo screening rispetto alle donne italiane (39% vs 42%).
Se a un’analisi superficiale il gap di adesione potrebbe non sembrare così rilevante, l’analisi di dettaglio evidenzia che questa differenza aumenta con l’età.
Inoltre, il rischio di lesione di alto grado è del 75% maggiore nelle screenate straniere, accentuando di fatto la forbice tra le due popolazioni.
Altre ricerche indicano il basso stato socio-economico come fortemente penalizzante per le straniere e invece, lo stato di permanenza in Italia, come un fattore determinante nella crescita del numero dei pap-test.

La figura del mediatore lingustico per sensibilizzare

Di norma le barriere linguistiche, organizzative e culturali impediscono alle donne straniere di prendersi cura di sé stesse come dovrebbero.
Quindi risulta fondamentale la figura del mediatore linguistico.

Le donne straniere, infatti, non sono facilmente raggiungibili, in quanto spesso meno collegate al territorio.
In questo percorso è fondamentale la figura del mediatore linguistico, che ha anche una conoscenza approfondita delle realtà culturali dalle quali queste donne provengono e che quindi, è capace di comunicare partendo dalla conoscenza dell’altro.

Cosa fare quindi? Comunicare in maniera chiara e semplice.
Sappiamo come i tumori femminili per eccellenza si combattano con la prevenzione: pap-test e mammografia in primis, soprattutto superata una certa soglia di età.
Importante è coinvolgere nei programmi di screening anche le bambine tra gli 11 e i 12 anni che possono essere vaccinate gratuitamente contro l’HPV.


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