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Tumore alla cervice uterina: screening e trattamento

Il tumore alla cervice uterina è al secondo posto, dopo quello alla mammella, per percentuale di donne colpite.
Nel 2018 l’OMS ha intrapreso una campagna mondiale contro il cancro al collo dell’utero, con un’azione coordinata che garantisse a tutte le ragazze (12 anni in su) la vaccinazione contro l’HPV, il papilloma virus umano, e che tutte le donne con età superiore ai 30 anni fossero sottoposte a screening e cure contro le lesioni precancerose.

La diagnosi precoce e l’individuazione di tumori in fase iniziale sono responsabili della riduzione della mortalità nel nostro paese.

Secondo i dati di un recente studio l’azione combinata del vaccino e degli screening precoci condurrebbe entro il 2070 ad almeno 12-13 milioni di casi in meno.
Si stima che se tutte le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni si sottoponessero regolarmente a gli esami di screening i casi di tumore alla cervice uterina diminuirebbero del 90%. (Fonte Ministero della Salute).

Tumore alla cervice uterina: cause

La causa principale del tumore al collo dell’utero è il papilloma virus, un’infezione persistente trasmessa per via sessuale che colpisce soprattutto le più giovani.
Esistono diversi ceppi di HPV, alcuni molto pericolosi e ben identificati.
L’infezione è la causa primaria, ma esistono anche altri fattori determinanti nell’insorgere della malattia, quali il fumo, l’obesità, la familiarità con la malattia, una dieta poco variegata.

La fortuna, se vogliamo chiamarla così, è che nella maggior parte dei casi l’infezione regredisce spontaneamente e il processo tumorale è piuttosto lento, tra l’insorgere dell’infezione e la comparsa del cancro possono trascorrere anche 10-15 anni.

Una donna che si sottopone regolarmente ai programmi di screening gratuiti, ha tutto il tempo per intervenire ed evitare di passare da lesioni precancerose a cancerose.

È bene ricordare che sia la prevenzione primaria che la secondaria sono altrettanto importanti nella lotta contro questo tipo di cancro, perché permettono di agire a diversi livelli su diverse fasce d’età.

Prevenzione del cancro al collo dell’utero: dal pap test al test HPV-DNA

I test ai quali sottoporre le donne sono diversi, a seconda dell’età e del tipo di lesione riscontrata.

Il Pap test è il controllo efficace tra i 25-30 anni, mentre soprattutto dopo i 30, viene prescritto l’HPV-DNA test, da ripetere ogni 5 anni.
La validità del Pap test è confermata dal fatto che riesce non solo a individuare eventuali lesioni, ma anche infezioni vaginali.

Per le donne più giovani, l’esame di riferimento rimane il Pap test, mentre per le donne con un’età più adulta, si è dimostrato più efficace il test sul DNA.
Inoltre, il Pap test non è consigliato prima dei 25 anni, questo perché è vero che l’infezione si sviluppa in giovane età, ma di solito regredisce, evitando controlli ulteriori.

L’HPV DNA test ha una maggiore sensibilità rispetto al Pap test, rilevando anomalie non visibili con il secondo, però è meno specifico, e il rischio è quello di individuare lesioni che si risolverebbero da sole.
Lo screening in Italia è raccomandato fino ai 65 anni, dopo di che, se tutti i pap test precedenti sono stati negativi, la scelta di continuare con i controlli annuali è davvero personale.

Quali sono gli esami di secondo livello:

Se il pap test è positivo, la donna è sottoposta alla colposcopia, che permette la visione ingrandita della cervice uterina e successivamente della biopsia, cioè il prelievo di tessuto anomalo per confermare o meno la presenza della lesione precancerosa.

Avere l’infezione da HPV non ha come conseguenza immediata lo sviluppo del cancro, se il test sul DNA risulta positivo, si esegue un ulteriore Pap test, che diventa un esame di completamento, detto pap test di triage.
Se i risultati non presentano particolari alterazioni, il test viene ripetuto dopo 1 anno.

Per quanto riguarda l’approccio terapeutico, è vario a seconda della gravità della lesione, valutata in base all’estensione.
Lesioni poco estese tendono a regredire, lesioni medie vengono trattate con piccoli interventi e lesioni gravi vanno trattate con un approccio terapeutico da valutare caso per caso.

Riusciremo a raggiungere l’ambizioso obiettivo entro il 2070? Sì, se pensiamo che solo in Italia l’incidenza del cancro alla cervice uterina è diminuita del 25%, grazie ai programmi di screening e ai vaccini.

Se vuoi approfondire, ecco il link all’articolo sull’efficacia del vaccino HPV

Vaccinazione contro L’HPV: quanto è efficace?

La vaccinazione può prevenire circa il 90% delle neoplasie da HPV e in Italia è raccomandata per ragazzi e ragazze nel corso del 12esimo anno di età, prima cioè che diventino sessualmente attivi.

È stata accertata l’esistenza di più di un centinaio di ceppi di HPV, papilloma virus umano, di questi alcuni sono definiti “sierotipi ad alto rischio” cioè altamente cancerogeni, altri i “sierotipi a basso rischio” sono causa di condilomi e verruche che compaiono nella zona genitale e pur essendo benigni, sono altamente contagiosi.
Il primo vaccino messo a punto nel 2006 proteggeva contro i ceppi 16 e 18, considerati causa del tumore alla cervice uterina nel 70% dei casi.
Nel 2017 è stato reso disponibile un terzo vaccino, detto nonavalente, che potrebbe prevenire circa il 90% dei tumori provenienti da HPV.

Quando vaccinarsi contro l’HPV?


L’infezione da HPV è la più frequente tra quelle trasmesse sessualmente, per queso l’OMS ha inizialmente raccomandato la vaccinazione di tutte le ragazze prima dell’inizio dell’attività sessuale.

Le statistiche dimostrano che le ragazze hanno il primo rapporto intorno ai 13 anni, quindi in Italia, ma anche in molti paesi europei, si è stabilito che la vaccinazione debba essere fatta nel corso del dodicesimo anno di età.
Può anche essere posticipata, ma si esce dal programma pubblico e bisogna provvedere privatamente.
Il vaccino serve anche ai ragazzi: previene non solo le infezioni da papilloma virus, ma è un’ottima base contro lo sviluppo di tumori al pene, all’ano e orofaringeo.
Gli uomini possono vaccinarsi dai 13 ai 21 anni e le ragazze dai 12 ai 26 anni, anche se alcuni studi hanno dimostrato la validità del vaccino in donne adulte.
Nel nostro paese sono disponibili due vaccini: bivalente, somministrato solo alle femmine e quadrivalente per maschi e femmine.

Efficacia del vaccino: i dati lo dimostrano.

Gli studi hanno accertato una diminuzione del 85% dei casi di condilomi dopo l’introduzione del vaccino e anche se è più difficile stabilirne l’efficacia rispetto ai tumori, dato il lento progredire della malattia, ci sono ottime ragione per proseguire su questa strada.

Un’analisi statistica combinata ha dimostrato che l’introduzione della vaccinazione ha ridotto non solo la frequenza dei condilomi anogenitali, ma anche le diagnosi delle lacerazioni precancerose tra le ragazze e le giovani donne.
In generale, più ci vacciniamo, più il virus fatica a diffondersi, più la cosiddetta immunità di gregge protegge anche la piccola percentuale di persone non vaccinate.
Il vaccino inoltre è sicuro e non comporta nessuna conseguenza negativa, se non qualche linea di febbre o mal di testa.

Le previsioni dell’OMS, alla luce di tutti i progressi fatti, sono molto positive: si stima che adottando le strategie indicate il tumore della cervice possa scomparire entro il 2040, testimoniando così l’efficacia delle campagne di vaccinazione.

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