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Tag: visita senologica

Tumore al seno, prevenzione e fasce d’età

Ogni anno, secondo le stime di AITUM_AIOM_ Fondazione Aiom, vengono diagnosticati 55.000 nuovi casi di tumore al seno.
Grazie ai progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce, oggi circa 9 donne su 10 sono ancora vive 5 anni dopo la diagnosi e 8 su 10 lo sono dopo 10 anni.

Questi dati ci fanno capire quanto fare controlli costanti e agire sulle cause scatenanti siano elementi importanti al fine di diminuire l’incidenza del cancro al seno sulla mortalità femminile.
La prevenzione del tumore al seno dovrebbe cominciare verso i 20 anni, con controlli annuali eseguiti dal ginecologo o da uno specialista, che eseguirà un’ecografia e dopo i 50 anni, una mammografia almeno ogni due anni.

La prevenzione del tumore al seno differenziata per fasce anagrafiche.

L’autopalpazione
L’autopalpazione è un esame che ogni donna può eseguire comodamente a casa.
Si svolge attraverso l’osservazione di eventuali mutazioni alla forma del seno o del capezzolo e la palpazione, volta a scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c’erano.
L’autopalpazione, a partire dai 20 anni, può essere effettuata una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo. Rispettare questi tempi è importante perché la struttura del seno si modifica in base ai cambiamenti ormonali mensili, e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi, confusioni o falsi allarmi.
Tra i 40 e i 50 anni, il numero dei casi di tumore al seno aumenta notevolmente, quindi l’autoesame è particolarmente raccomandato. Con l’aumento dell’età e l’insorgere della menopausa, l’osservazione e la palpazione del seno può e deve essere eseguita indistintamente dal periodo del mese.

Visita senologica
È l’esame clinico completo del seno eseguito da uno specialista.
Il senologo si occupa dell’anamnesi, ovvero della raccolta di informazioni, quali la familiarità alla malattia, l’età del primo ciclo, le gravidanze, l’alimentazione. Solo dopo aver raccolto queste informazioni, il medico passa all’osservazione e la palpazione del seno.
In molti casi è previsto un esame ecografico, utile a chiarire situazioni sospette.

La mammografia
Gli studi scientifici e le linee guida internazionali dimostrano che sottoporsi a una mammografia con regolarità, dopo i 40 anni,  riduce rispettivamente del 20% e del 40% la mortalità per tumore alla mammella.
Mentre la mammografia non è raccomandata tra i 20 e i 30 anni, perché la struttura troppo densa del tessuto mammario, renderebbe i risultati poco chiari, fatta eccezione per le donne giovani con un alto rischio (importante storia familiare di carcinoma mammario o presenza di mutazione di BRCA1 e/o BRCA-2).
Nelle donne positive al test genetico BRCA1 o 2 è indicata anche una risonanza magnetica annuale.

In cosa consiste la mammografia?
È un esame radiografico non invasivo del seno, effettuato attraverso una bassa dose di raggi X. L’esame consiste nella compressione della mammella tra due piastre ricoperte al fine di facilitare la diagnostica.
La sonda esamina con cura la morfologia del seno, mettendo in evidenza anomalie, ovvero noduli non visibili con l’autopalpazione.
Il controllo, che dura pochi muniti, va effettuato nei giorni dal 5° al 12° dopo la comparsa del ciclo.
La mammografia è un esame indispensabile per quelle donne che non riscontrano nessun sintomo o segno, perché permette di diagnosticare patologie ancora troppo piccole.

Test genetici
È importante precisare che la maggior parte dei tumori è di origine sporadica, ovvero si manifesta senza nessun legame con la storia genetica, per questo solo in alcuni casi è possibile parlare di trasmissione del gene mutato dai genitori ai figli.
Quindi la ricerca ha messo  a punto test genetici che ricostruiscono la storia genetica della paziente, soprattutto se questo ha avuto casi di tumore al seno in famiglia.
I geni  BRCA1 e BRCA2 predispongono al cancro al seno e  a quello ovarico.
Il medico può suggerire un consulto con un genetista se la persona ha un familiare portatore di mutazione genetica, ha avuto un tumore al seno prima dei 36 anni oppure prima dei 50 anni e ha un familiare di primo grado (fratello, figlio, figlia) che ha avuto forme tumorali.
Avere ereditato la mutazione non significa essere certi di contrarre prima o poi la malattia, piuttosto equivale ad avere un rischio più elevato rispetto a chi non ha la mutazione. Il test genetico è uno strumento che permette di stabilire un piano di prevenzione individuale e controlli frequenti.

Oggi le donne dispongono di strumenti molto efficaci a individuare la presenza di un tumore nella fase iniziale, così da poter agire per tempo.